Biografia
Marco Appicciafuoco nasce a Teramo nel 1970, si diploma presso Istituto Statale d’Arte F. A. Grue di Castelli e a livello universitario, matura il grado più elevato dell’alta formazione artistica presso l’Accademia di belle Arti dell’Aquila.
Segue con attenzione le varie ricerche estetiche della contemporaneità, attraverso un continuativo lavoro di ricerca, sperimentazione e confronto.
Partecipa a diverse esposizioni, personali e collettive, nazionali e internazionali e collabora con autori come: Luigi Ontani, Michelangelo Pistoletto, Sandro Chia e Enzo Cucchi, di seguito conosce Ettore Sottsass, Johanna Grawunder e così via ricevendo consensi, premi e riconoscimenti professionali. Molto importante è da ritenere la Sua lunga permanenza a Castelli (Te) e Daniela Faiani con cui vive e da sempre condivide e affianca le sue molteplici collaborazioni ed esperienze artistiche. Tornando nello specifico del lavoro concreto, diremo che per via delle sue pratiche di ibridazioni di tecniche e materiali, le sue operazioni di natura concettuale, l’investimento trasversale delle categorie estetiche tradizionali e il superamento delle classificazioni dell’opera d’arte in generi chiusi (scultura, dipinto, oggetto d’arredo, installazione).
Marco viene considerato vicino a quell’insieme di ricerche estetiche nominate “transavanguardia” dal critico Achille Bonito Oliva.
Ispirandosi ad autori come Burri e Fontana solo per citarne alcuni, Marco sperimenta alterazione fisica dei materiali attraverso sollecitazioni e tecniche, come l’incisione, la pressione meccanica, la combustione e l’irradiazione di luce.
Molto sensibile alle emergenze ambientali agli equilibri ecologici e all’impiego consapevole e non impattante delle risorse naturali.
Marco nelle sue opere rintraccia e canta forme e flussi vitali degli ambienti primigeni e vitali : i pendii montani, i profili delle cime, i flussi d’acqua che fondano valli superficiali e antri sotterranei, le stratificazioni geologiche, le cromie e le ossidazioni delle pietre.
Nelle sue opere impiega materiali evocanti la modernità, come superfici riflettenti metalli e luci, insiemie a materiali rimandanti a pratiche tradizionali, come la ceramica, appellandosi a tutta la loro carica simbolica.
Ognuna di esse è un un invito a riflettere sul rapporto tra progresso tecnologico e tutela dell’ambiente, e da assumere pratiche di vita consapevoli e lungimiranti, ogni intervento manipolativo è la creazione di uno spazio in cui i materiali generalmente contrapposti vengono messi in poetico connubio, in confronto dialettico-concettuale è materico. Viene così a crearsi una dimensione in cui differenti “dispositivi” vengono utilizzati insieme, giocando sulle dicotomie sull’apparente estraneità, gli uni degli altri, fino a rintracciare profonde interdipendenze e relazioni tra opposti.